Un'analisi fredda e spensierata di un latino nella terra delle bionde... e che bionde!

Monday, July 04, 2005

Come gli indiani

Tutti noi da bambini abbiamo giocato almeno una volta agli indiani. Mettevamo una penna dietro all'orecchio, magari qualche linea colorata sul volto e urlavamo compiendo quello strano gesto con cui ti tappi la bocca ad intervalli regolari emettendo quello strano suono che probabilmente nessun indiano mai si sarebbe permesso di emettere.
Quello che invece non potevamo fare, ma che però non mancava comunque nel nostro immaginario, era spostarsi in canoa in piccoli ruscelli disseminati di tratti di acque bianche, costeggianti vaste praterie abitate da mandrie di bufali e bisonti.
Sognavamo di vivere splendide avventure contro grossi orsi bruni, lupi e cinghiali, che terminavano la sera con il ritorno alla capanna attorno ad un fuoco fumando il calumet della pace (ok forse la parte della pipa si è aggiunta col tempo).

La canoa indiana (o canadese) è simbolo di avventura, di ricerca, di libertà. Avevamo qualche giorno libero, così un gruppo composto da me, Martin (CZ), Sascha (DE), Peter (NL) decidiamo di prendere a noleggio due canoe ed esplorare le torride acque che portano ad una cittadina situata a pochi kilometri dalla norvegia chiamata Saelen.

Al tempo (metà di giugno) la temperatura si aggirava attorno ai 10-15 gradi e il mio istinto italiano mi diceva che un'avventura è divertente solo quando è piacevole. E no, 15 gradi non sono piacevoli. Ma poi, per non fare la figura del fesso, ho deciso di non tirarmi indietro; così un bel venerdi mattina, armati di tende, fornelletto a gas da campeggio, cibo e indumenti piu' o meno adeguati, carichiamo l'auto e partiamo alla volta di Saelen.

Una legge molto bella qui in Scandinavia è il campeggio libero. Ogni persona è libera di campeggiare una notta su qualunque terreno non presenti un cartello che intenda il contrario, purchè la tenda sia ad almeno 100m dalla casa e non sia visibile dai suoi abitanti.

Prima di iniziare a remare però decidiamo di visitare una delle più grandi cascate della Scandinavia: si presenta molto alta ed ancora innevata, il sentiero per raggiungerla non è segnato. Ciò nonostante, le fatiche valgono il prezzo del biglietto.

Dopo la cascata è tempo di armare le canoe e dare inizio all'avventura. Abbiamo da percorre 70km in 3 giorni, una distanza tuttaltro che proibitiva, anzi teoricamente talmente facile da costringergi a dosare le noste sedute in sella.
Il fattore scuffio è sempre in agguato così decidiamo di mettere tutto il materiale in sacchi di plastica, non vogliamo bagnare cibo e vestiti.

Una volta armate le canoe si parte. L'ambientazione si presenta come una classica vegetazione scandinava con le rive coperte da terreno paludoso che non rende semplice il campeggio.

La prima sera montiamo le tende in un bellissimo angolo di fiume dove possiamo godere dello spendido quanto interminabile tramonto scandinavo. Siamo stati fortunati, il tempo non è dei peggiori e solo un leggera piggia ci ha colpito per pochi minuti. Accendiamo un fuoco, consumiamo pasta al sugo e qualche birra, e decidiamo poi di andare a dormire.


All'indomani, secondo giorno, il cielo non promette niente di buono. Grossi nuvoloni coprono il sole che non può così scaldarci. L'assenza di montagne ci permette di notare che questa vasta distesa di nuvole si estende fino all'orizzonte in tutte le direzioni. Il mio naso fiuta sfiga, sfiga in grosse secchiate.

Il fiume non è troppo impervio, anzi ogni tanto il livello dell'acqua è così basso da non poter evitare di arenarci. I nostri compagni decidono di spingere, noi che non vogliamo bagnarci le scarpe saltiamo e ci dondoliamo ed in qualche modo ce le caviamo. A sera ci accampiamo in un territorio evidentemente in possesso di qualcun'altro: i castori.

Davanti a noi, quasi come un cimitero, possiamo notare solo una vasta area boscosa coperta da tronchi, che come cadaveri giacciono uno sull altro in un numero ed in una forma quasi sistematica che ti lascia pensare ad una presenza umana. Le tracce sui tronchi tuttavia non lasciano dubbi.



Esploriamo un po' l'area, poi il freddo ci da consiglio e dopo aver acceso il fuoco decidiamo di accamparci ed aprire la bottiglia di vodka. La giornata ci ha presentato anche alci, mucche, renne e stambecchi. Domani andremo alla ricerca dei castori.

Se il giorno precedente ci aveva riservato freddo e grigio, l'ultimo giorno ci porta a brutte notizie di ogni genere. Prima: quasi subito dopo l'inizio della giornata un'area un po' troppo difficile del fiume mette in difficoltà i nostri compagni di sventura riempiendo la loro canoa di acqua e bangnando così loro e parte dei bagagli. Anche Martin, che sta in canoa con me, si bagna, ma scivolando su una pietra...



Accendiamo subito un fuoco cercando di riscaldarci con un caffe' caldo, mentre loro cercano di cambiarsi e di asciugare gli indumenti di prima necessità.

Le nuvole si fanno sempre più scure, la temperatura scende, la stanchezza aumenta.

Il secondo problema riguarda la nostra posizione e più nello specifico la distanza dalla cittadina dove dobbiamo lasciare le canoe. Abbiamo come punto di riferimento un paio di ponti che il ragazzo norvegese che ci ha portato al punto di partenza ci ha fatto notare. Come scopriremo dopo le distanze che ci siamo segnati sono sbagliate. A questo punto del viaggio (terzo giorno) dovremmo essere quasi arrivati ad una grossa cittadina, questa invece stenta a farsi raggiungere.

Come non bastasse inizia a piovere, e non ne vuole proprio sapere di smetterla. Bagnati, infreddoliti, stanchi e disorientati decidiamo di accamparci nella prima cittadina che troviamo. Sulla riva troviamo una piccola Stuga (casa estiva svedese) con un tavolo coperto da una tettoia di legno. Decidiamo di accamparci li in attesa di tempi migliori. Questi non arrivano così accendiamo il fuoco (lascio immaginare come sia stato difficile trovare del legno da ardere considerata la pioggia) e apriamo l'ultima bottiglia di vodka rimasta. Domani penseremo a cosa fare. La serata passa tranquilla. Mangiamo, beviamo e ancora una volta chiacchieriamo di storia e di politica. Nel gruppo c'è Peter che studiando scienze politiche può fungere quasi da moderatore, poi c'è Martin che venendo da Praga ha sviluppato delle preoccupanti idee destrorse e Sascha che è cresciuto nella Germania Est. Poi ci sono io.

L'indomani presenta ancora pioggia ed i vicini ci informano che siamo solo a metà strada e che davanti a noi rimane la parte del fiume più lenta e piatta. Esausti e consci ormai del fatto che la parte più bella ed interessante del fiume è alle nostre spalle gettiamo la spugna e chiamiamo Michael, il proprietario delle canoe. In mezz'ora ci viene a prendere. Facciamo colazione, prepariamo i bagagli ed attendiamo in strada il suo arrivo.

L'avventura è finita, mi rimane un bellissimo ricordo di questa esperienza, dei miei compagni, così come mi rimane una febbre a 39 ed una dissenteria che non mi darà tregua per tutta la settimana successiva.

Monday, June 13, 2005

Vater Tag

Un piccolo carrello di stoffa a quadri scozzesi, le ruote, due, non hanno un diametro maggiore di 10 cm. E' fresco, forse per via della birra e del ghiaccio che lo riempiono e gli fanno produrre quel suono famigliare di bottiglie che sbattono una contro l'altra ad ogni sobbalzo. E' un suono famigliare che mi ricorda il sorriso di mio padre che mi tiene la mano mentre insieme a Helmut, grande amico di papa' sin dai tempi dell'accademia, camminiamo per il bosco di Einbeckdorf, dove sono cresciuto.
E' durante un Vater Tag che ho imparato ad accendere il mio primo fuoco, solamente facendo uso di un gruzzolo di foglie secche, rametti secchi ed una coppia di pietre fuocaie. Ed è sempre durante uno di questi giorni che papa' mi insegnò che bisogna sempre stare attenti alle donne che ti tieni attorno, perchè di un amico ti puoi fidare ma di una donna no. Non ho mai capito perchè papà ci tenesse tanto affinchè imparassi questa lezione, io non ci ho mai creduto veramente. Quello che so è che raramente mi sono sentito così in pace ed al sicuro come quando passavo con lui queste splendide giornate immersi nella natura e io cercavo di imitarlo in ogni sua più piccola azione, come se potessi diventare adulto per un giorno.

Vater Tag è in Germania una sorta di giorno del papà da passare all'aria aperta con birre ed amici in una sorta di proclamazione di indipendenza sessuale maschile. Col tempo, vuoi per l'alcool, vuoi per la bellezza della natura circostante, si è trasformato in Men's Day, dove amici di ogni età si trovano sempre nella solita ambientazione, con il solito carrello pieno di birra.
Ho molti amici tedeschi qui e sono stato molto felice di accettare il loro invito a passare un Vater Tag con loro. Ci troviamo davanti a casa mia alle 9 (sì, del mattino) e una volta raccolti tutti i partecipanti è tempo di brindare con la prima birra.
Il gruppo è composto da me, Arne, Ben, Kim, Sascha e Martin, un gruppo in maggioranza di tedeschi ma che unisce anche Italia, Australia e Repubblica Ceca. Ci dirigiamo verso il bosco, abbiamo deciso di girare attorno ad Uppsala passando per i boschi, non dovremmo perderci. Ovviamente siamo ottimisti.


Le prime ore le passiamo vagando senza meta. La birra scorre, ma senza mai superare i limiti. Il bosco non è troppo impegnativo, ma riserva comunque qualche guado e qualche ponte di fortuna.


Dopo pranzo la nostra destinazione prende forma, ma il tragitto che ci unisce ad essa è ancora a noi oscuro. Così cercando disperatamente una direzione, perdendoci ogni quindici minuti ci ritroviamo in fattorie e campi.


Stanchi ed ebri passiamo qualche ora a rotolarci nella paglia e nell'erba fresca ed umida che qualche contadino ha raccolto in rotoli di plastica bianca. La giornata continua con splendide quanto improbabili conversazioni fino al tramonto (Si parla di inizio maggio, quando il tramonto significa ancora l'inizio del buio).




Per la fine della giornata abbiamo organizzato un barbeque con le ragazze. La giornata è passata senza intoppi, in una tradizione che cerchero' di portare con me, magari per quando per me Men's day si trasformerà in Vater Tag.

Saturday, May 14, 2005

Valborg

Valborg e' la festa che dovrebbe celebrare la fine del freddo qui nei paesi scandinavi, il benvenuto al bel tempo e al verde che dappertutto dovrebbe apparire, colorando il paesaggio con le tinte pastello classiche del nord.

In Svezia invece si e' tramutata nella festa dell'alcool. Cosi il locale System Boulaget ha chiuso due giorni prima, per paura di attacchi da parte di folle ubriache (e' successo qualche anno fa dove la gente ha fatto festa dentro al negozio... quale idea migliore?), e si e' organizzata con guardie private per mantenere l'ordine davanti all'entrata.


Si e' creata cosi una lunga coda fino a raggiungere l'uscita dell'intero edificio, un centro commerciale piuttosto grande. La guardia giurata aveva il compito di far entrare solo 20 persone alla volta, e i presenti, come me e Martin, potevano notare la gente uscire con sacchetti pieni di alcool, di ogni tipo.


La giornata comincia alle 7:30 del mattino, con la sveglia che suona ma neanche lei sa perche', e' sabato mattina, fuori e' nuvoloso e freddo. Ho appuntamento con gli amici da un amico che abita a 30 metri da qui, per la classica colazione a base di fragole e spumante. Ovviamente classica per la Svezia e per Valborg.
Non me la sento e ad intervalli di 8 minuti mi trascino fino alle 9:30. Mi alzo, chiamo Djana, dove siete? Siamo al fiume, la gara sta per cominciare.

Ah gia'... la gara! Qui ad Uppsala Valborg e' un vero e proprio evento, accorrono da tutta la Svezia e paesi lontani, si contano circa 200.000 nuovi venuti per questa due giorni di teppismo. Ad ogni modo si parlava della gara.
Gruppi di studenti si organizzano per costruire una barca con materiale base come polistorolo ed assi di legno, per percorrere poi le poche centinaia di metri fino alla cascata in centro citta'. Quest'anno 80 imbarcazioni si sono presentate da tutta la Svezia e tutta la popolazione festante si e' radunata sulle rive di questo gelido fiume.


Arrivo alle 10:30 circa, la gara non e' ancora cominciata, al meno non quella tra le barche. Si possono subito notare litri e litri di alcool sgorgare fuori da bottiglie di tutte le forme e colori, come a voler emulare il fiume che scorre di fianco. La gara e' tuttavia simpatica, le barche sono piuttosto originale, al meno per la Svezia, e gli spettatori si uniscono festanti ai naviganti, che infreddoliti cercano di movimentare il tutto con gavettoni e pistole ad acqua.



La giornata si spinge cosi fino alle 13:30, quando decidiamo di andare in giro per la citta'. E' un vero delirio, la gente e' tutta ubriaca, ci sono concerti sui tetti dei palazzi, tutti sono stranamente socevoli. Io sono sobrio. E' tempo di mangiare, ci riuniamo a casa mia dove possiamo riposare un po'.


Per il resto della giornata ci trasciniamo da un posto all'altro, da una Nation all'altra. Le Nation organizzavano alle 3 un altro brindisi a base di fragole a spumnante, e davanti a quelle piu' popolari si sono formate code da richiedere l'intervento della polizia dal momento che bloccavano il traffico di tutto il quartiere.


Cosi mi trascino da un posto all'altro, e la pioggia incessante, seppure non abbondante, ci accompagna. Il tutto finisce ad un barbecue, dove posso vedere gli svedesi smaltire le sbornia. E posso finalmente chiedere ad uno di loro la domanda che mi martella da qualche giorno: "ma com'e' che dopo una giornata cosi viva e piena di vita voi possiate tornare alle vostre triste vite silenti e chiuse?".

Monday, May 09, 2005

Humor inglese

Nick viene da Londra, è grande fan del Liverpool e ne fa sfoggio cantando quando può "You'll never walk alone". E' largo quanto è alto, porta corti capelli rossi, lentiginoso, ha la faccia più inglese del Principe Carlo e di Mister Bean messi insieme, e ne sa una più del diavolo.
In tasca porta un fiaschetto metallico da cui sorseggia regolarmente il suo Jack, come lo chiama lui.
Ma ieri, alla festa di addio a Caecilie (buona fortuna), con il suo portamento e il suo accento cockney pittorescamente marcato ha tirato fuori delle pillole di saggezza sulla Svezia, dalle quali ne estraggo tre e le riporto qui "a memoria".

"La vita in Svezia è come un bel romanzo dove di giorno non succede mai niente."

Poi, parlando della pantomima delle code con numerino anche dal ferramenta:

"Il modo di battere la Svezia in guerra potrebbe essere quella di dargli un numerino e convincerli a rispondere alle bombe solo all'apparire del loro numero sul tabellone elettronico, e poi nascondere il tabellone."

"Esiste una serie di Survivor scandinava. Mandano in Groenlandia uno svedese, un danese, un norvegese e uno svedese. Durante il primo giorno l'islandese mostra agli altri come pescare, il secondo giorno il danese inizia l'organizzazione del piccolo gruppo, il terzo giorno il norvegese si preoccupa della difesa dell'accampamento, raccontando le storie dei suoi antenati. Il quarto giorno il naufrago islandese organizza sessioni di pesca e tutto il necessario per le altre vivande. Il quinto giorno lo svedese aspetta ancora di essere presentato agli altri."


Aggiungo solo che mi ha definito "An educated liberal gentleman".

Friday, April 22, 2005

Baltico

Spesso avevo sentito parlare di Lettonia, Estonia, quasi sempre perche' una di queste nazioni finiva nell'insignificante girone di qualificazione dell'Italia ai mondiali di calcio. Ora ne ho visitato le capitali e mi hanno imbarazzato.
Non che queste citta' siano imbarazzanti. Anzi, direi che sono le nostre citta' ad essere imbarazzanti a confronto. Ma no, non e' l'n-esimo paragone tra nazioni e culture, questa volta scrivo per ammettere la mia colpa e chiedere scusa.
Chiedere scusa per aver associato queste nazioni solo a colf a basso prezzo, a una totale assenza di gusto nel vestire (in questo caso non a torto... a quanto pare sono esaltati dal 'leopardato', e smalto per unghie dai colori impossibili), a mano d'opera galoppante, e a tanto altro.
Ho visto citta' luccicanti dai mille colori, illuminate da una splendida architettura, dai resti di una cultura che stenta a scomparire, citta' che non vogliono dimenticare la doppia occupazione comunista nazista.
Ho visto citta' vive anche di notte dove la gente si diverte senza eccessi. Ho visto splendide bmw serie 7 davanti a splendidi palazzi secolari perfettamente mantenuti, con bancomat proiettanti immagini e suoni.
Direi che in citta' vivono soprattutto i ricchi, e che ricchi. La differenza tra campagna e citta' e' di quelle che si trovano solo nei libri che raccontano storie di inizio secolo, di fuga dalla campagna.
Ho visto diverse culture, ho visto citta' in corsa, ho visto un sacco di turisti... turisti di merda... sì, come me.








Wednesday, March 23, 2005

La vita in un bicchiere

C'è chi si è 'lamentato' che io scriva in modo troppo discontinuo o che aspetti troppo a scrivere. Come ho già sottolineato in un altro post precedente, non voglio ridurre questo mio diario da internauta in una poltiglia come se ne trovano ormai a bizzeffe, nella rete. Cerco di scrivere quando ho qualcosa da dire e non viceversa.
E com'è possibile che non abbia niente da dire, vista l'esperienza che sto vivendo? Questa è una legittima domanda che porrei anche io (ADDIRITTURA! allora è davvero intelligente!), ma, e questa è una risposta che odierei ricevere, bisogna vivere questa esperienza per capire che essa è fatta di piccoli momenti non portabili su questo diario. E' difficile descrivere e selezionare dei momenti che meriterebbero una menzione in un post, ed è ancora più difficile, una volta si sia così fortunati da trovarne alcuni, riportarli senza banalizzarli.
Sono momenti, piccole scheggie (sì, è una metafora inflazionata) in cui ti rendi conto che stai vivendo su un altro pianeta, una vita parallela. L'esperienza Erasmus è una vita parallela, su una pianeta parallelo, in un tempo parallelo non esattamente definito. Non è un'altra dimensione, non è un ambiente alieno e sconosciuto. E' parallela. E' un mondo che conosci ma che non riconosci. Purtroppo queste due rette parallele, in un universo tuttaltro che perfetto, trovano convergenza nel momento del ritorno. Come queste convergano e quale sia la forma della stella che ne risulta non è ancora mio oggetto di studio, e, al momento, spero che questo avvenga il più tardi possibile.
E' una moltitudine di piccoli flash, fatta da biciclettate verso il castello sulla collina, facendo a gara a chi arriva per primo, in cui ognuno telecronaca la 'volata' nella sua lingua. E' fatta di abbracci che non avresti mai pensato di dare o di ricevere. E' fatta di abbracci di cui non avresti mai pensato di aver bisogno.
E' fatta di sorrisi e silenzi. E' fatta di conversazioni che non avresti mai pensato di poter fare. E soprattutto, di cose che non avresti mai pensato di fare.
Che sia perchè non parli la tua lingua, e quindi sei privo dei freni dovuti al 'peso' di certe frasi, o perchè vivi in uno stato di coscienza in cui, come ho detto, vivi in un ambiente disconnesso da quello 'reale'. Comuque sia, è un'esperienza intensa, compressa.
Tutto viene compresso. Sono compresse le serate, i viaggi, le cene, sono compressi i tempi che ti concedi per conoscere e giudicare una persona. I tempi che impieghi per conoscere una persona e considerarla amica. Il tempo che impeghi per aprirti.
Non so come andrà a finire, sono a metà del mio viaggio. Non so che forma avrà il pianeta su cui tornerò ad agosto, quello che so è che questo viaggio andava intrapreso e sono felice di averlo fatto. E questo mio diario me lo ricorderà in un modo che solo io potrò vivere, quindi lasciatemelo scrivere alla mia maniera, perchè questi sono i miei giorni, e voi umani non potete nemmeno immaginare...

Thursday, March 17, 2005

Il viaggio, il gruppo.

Parlavo, nella mia ultima pagina, di un viaggio. Beh, questo viaggio è stato al Nord, al Nord del Nord, per essere precisi, a pochi kilometri dalla fine della scandinavia, nel parco nazionale di Abisko.
Questo viaggio mi rimarrà per tutta la vita, penso (ah queste promesse, possono essere mai mantenute?), per vari motivi.
Penso di aver visto per la prima volta nella mia vita un paesaggio che considererei alieno.
Posto alcune foto di modo che tutti si possano rendere conto di cosa Madre Natura possa fare quando ci si mette. Se solo si concentrasse sulla salute del nostro Presidente del Consiglio... vabè certi auguri non sono carini (non che non se lo meriti, lo stronzo).



In compagnia di quattro simpatici teneroni, ho esplorato per un'ora circa il bosco. Sono stato ripreso dagli addestratori perchè non li facevo tirare abbastanza e loro se la sono così presa comoda. Infatti, vista la mia bontà, mi sono fatto metà tragitto, sopratutto i tratti in salita, spingendo la mia simpatica slitta... e emettendo i miei simpatici litri di sudore. Tutto sommato è stato uno sballo... gli svedesi sanno come preservare la Natura e come godersela.
Abbiamo visitato la miniera di Kiruna... due palle. Da un punto di vista tecnico, è abbastanza interessante, le macchine sono tutte comandate a distanza, è la miniera sotterranea più grande ed organizzata del globo. Da un punto di vista turistico, una miriade di informazioni che solo l'abbonato a “Si, viaggiare” può apprezzare.
Piccola nota: per continuare ad estrarre i minerali dopo il 2008 dovranno spostare la città... no, non mi sono sbagliato, spostano la città, case, municipio e compagnia bella.
Cosa rimane? La compagnia. Come dei giovani hobbit, abbiamo creato un'allegra compagnia di amici, molto affiatata (e come potevamo non essere, noi maschietti, affiatati? Il rapporto era 1:2 con le ragazze), che è stata capace di riempirsi le giornate di splendide esperienze. Con un po' di giorni di esperienza ulteriori, posso dire che il gruppo ne ha giovato parecchio. Molte amicizie si sono solidificate, altre si sono rivelate. Altri fatti hanno necessitato approfondimento. Comunque sia, ciò che è emerso, è che la parola d'ordine per l'esperienza Erasmus è sicuramente: intensità.